diabete

La malattia parodontale è la malattia infiammatoria non trasmissibile (Non Communicable Chronic Desease) più diffusa e costituisce un vero e proprio problema di salute pubblica. Il suo impatto non coinvolge solamente la perdita della funzione masticatoria, ma si traduce anche nella riduzione della qualità̀ della vita e della salute generale degli individui che ne sono affetti.

Colpisce circa il 50% della popolazione nelle forme di stadio I e II, mentre nell’11% dei soggetti si presenta nelle forme più gravi (stadio III e IV). Tutto questo si traduce in elevati costi pubblici: basti pensare che nel 2015 la cura della parodontite ha portato a un esborso di 545 miliardi di dollari a livello mondiale.

I soggetti che sviluppano la malattia parodontale possiedono un profilo iperinfiammatorio che può essere innato o acquisito:

– la suscettibilità innata è rappresentata da un’alterazione genetica della risposta a livello delle citochine infiammatorie;

– la suscettibilità acquisita è legata agli stili di vita (come il fumo e lo stress) o ad alcune patologie (come le alterazioni metaboliche e l’obesità).

Guarda il video di approfondimento sul rapporto parodontite e diabete:

Parodontite e Diabete: perché la Parodontite è correlabile ad alcune patologie sistemiche?

I meccanismi che collegano negativamente l’infezione- infiammazione parodontale all’organismo sono duplici. Da un lato, i batteri parodontopatogeni possono migrare verso distretti anche lontani dal cavo orale tramite il flusso ematico ed esprimere a distanza i loro fattori di virulenza. Dall’altro lato, l’alterata risposta immunitaria che caratterizza la parodontite sottopone il corpo a un continuo stress, mediato dalla diversificata e individuale produzione di citochine.

Una delle correlazioni maggiormente validate riguarda la malattia parodontale e il diabete, tanto da delineare che tra le due patologie ci sia un legame di tipo bidirezionale. I soggetti affetti da parodontite sembrano mostrare un peggior controllo metabolico, così come i soggetti con prediabete o diabete non controllato manifestano un peggioramento della situazione parodontale, tanto che la parodontite è stata annoverata come la sesta complicanza del diabete di tipo II.

Il Diabete: tipo I e tipo II

Per diabete mellito si intende un gruppo di alterazioni del metabolismo con diverse eziologie che conducono a uno stato di iperglicemia cronica a causa della mancata azione dell’ormone insulina. In Italia ne sono affetti circa 5.200.000 soggetti. Di questi, circa 300 mila soffrono di diabete di tipo I, mentre almeno il 4,9% convive con il diabete mellito. Nel diabete di tipo II l’eziologia è prevalentemente legata agli stili di vita (alimentazione, scarsa attività fisica e fumo). Si assiste a una ridotta produzione dell’insulina associata a insulino resistenza. Nella fattispecie, il glucosio non riesce a essere stoccato e quindi utilizzato dai vari organi a causa della riduzione dei recettori per l’insulina, rimanendo elevato nel flusso sanguigno con conseguente iperglicemia.

Calcola la tua probabilità di rischio di diabete di tipo II

Quali sono le complicanze del diabete? Sì, anche la parodontite

Le complicanze del diabete mellito sono legate essenzialmente al danno micro e macrovascolare e allo stress ossidativo causati dall’iperglicemia; tali situazioni coinvolgono:

– l’apparato cardiocircolatorio (angina, infarto, vasculopatia periferica);

– l’occhio (retinopatia);

– il rene (insufficienza renale);

– il sistema nervoso e il parodonto (parodontite).

La parodontite nelle sue fasi iniziali è pressoché asintomatica e i suoi primi segnali, come il sanguinamento gengivale, sono spesso sottovalutati dal paziente. Per tanto, è importante intercettare la malattia sin dalle sue prime manifestazioni, onde evitare una grave ed estesa distruzione del supporto parodontale. La diagnosi clinica viene effettuata primariamente con il sondaggio tramite la sonda parodontale, che misura la perdita di attacco alveolo-dentale. Possibilmente si effettua anche un esame radiografico endorale volto a valutare il riassorbimento osseo. La nuova classificazione delle parodontiti si basa proprio sul livello di perdita di attacco radiografico interprossimale.

L’aumento della suscettibilità alla parodontite del paziente diabetico trova spiegazione nei meccanismi mediati dall’iperglicemia che inducono sia una risposta immunitaria deficitaria, sia un aumento dello stress ossidativo e dell’infiammazione con impatto sul decorso della malattia e sulla disbiosi (alterazione della flora batterica) a livello del biofilm.

La terapia non chirurgica (eziologica) della parodontite si è dimostrata efficace nel migliorare il controllo glicemico in termini di diminuzione del valore dell’emoglobina glicata e nel ridurre l’infiammazione sistemica.  A tre mesi dalla terapia parodontale, il valore medio della riduzione di emoglobina si attesta da 0,4 a 1,1%.

Cosa può fare il dentista per la prevenzione del diabete?

I dentisti possono dare un importante contribuito alla prevenzione del diabete, riconoscendo precocemente tra i propri pazienti quelli più a rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 (la forma più frequente della malattia, legata a fattori ambientali e scorretti stili di vita) e indirizzarli opportunamente dallo specialista prima che la malattia si manifesti.

In Italia si stima che circa il 10% della popolazione adulta, tra i 20 e i 79 anni, sia potenzialmente vulnerabile perché affetta da un qualche disturbo nel metabolismo del glucosio. È una condizione chiamata “prediabete” che, se trascurata o misconosciuta, prelude allo sviluppo della malattia conclamata.

Che cos’è il prediabete?

Il prediabete è caratterizzato da occasionali iperglicemie, ovvero elevati valori della glicemia nel sangue, riscontrabili sia due ore dopo i pasti, sia a digiuno. In alcuni di casi, la glicemia a digiuno non supera la soglia ufficiale per stabilire la diagnosi di diabete (oltre 126 mg/dl), ma si presenta comunque stranamente alta (compresa fra 100 e 125 mg/dl). Questa forma di intolleranza al glucosio è quasi sempre asintomatica (in alcuni casi, negli uomini una spia d’allarme è la disfunzione sessuale) e può perdurare a lungo. Possono trascorrere cinque o dieci anni prima che venga irreparabilmente compromessa la funzione del pancreas, ovvero la capacità di produrre quantità di insulina sufficienti a metabolizzare gli zuccheri nel sangue.

L’iperglicemia cronica segna l’esordio del diabete

Individuare i soggetti con prediabete è fondamentale per evitare che la situazione si comprometta in modo irreversibile. E il dentista può diventare una vera e propria sentinella sul campo.

Capita di essere affetti da prediabete senza esserne a conoscenza, a causa dell’assenza di sintomi, di conseguenza è raro che una persona si rivolga a un dottore o faccia esami specifici in questa direzione. Le persone si sottopongono al consulto odontoiatrico con più frequenza rispetto alla visita dal medico di base. Ecco, quindi, che la visita dal dentista può diventare un’ottima occasione, se non l’unica, di screening per mettere in guardia i pazienti.

Il ruolo del dentista è riconoscere chi presenta fattori di rischio, come la familiarità per patologia diabetica, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia (livelli elevati di grassi nel sangue), chi ha partorito un bambino di peso superiore ai quattro chili, chi è obeso o in sovrappeso. Guardia alta, in particolare, per tutti quei soggetti di età superiore a 45 anni, in sovrappeso (cioè con un indice di massa corporea, BMI, compreso fra 25 e 30), che presentano già uno o più casi di diabete in famiglia.

Ragion per cui, lo studio dentistico può porsi come ambulatorio di screening e intercettare i casi sospetti attraverso la misurazione della glicemia e dell’emoglobina glicata. Successivamente, nelle situazioni sospette, il dentista ha il compito di suggerire una visita specialistica presso il medico diabetologo. Numerosi studi indicano che è possibile prevenire la progressione dal prediabete al diabete intervenendo sullo stile di vita, in particolare modificando le abitudini alimentari e aumentando l’attività fisica.

L’alimentazione eccessivamente calorica, la sedentarietà e il fumo sono riconosciute come le principali cause ambientali del diabete di tipo 2. Molte complicanze del diabete, anche gravi, possono essere ridotte o evitate con la diagnosi precoce associata a interventi terapeutici per ottimizzare il controllo glicemico.

In cosa consiste il protocollo diagnostico-preventivo stilato tra parodontologi e diabetologi? (SIDP-SID-AMD)

È stata resa disponibile sia agli odontoiatri che ai diabetologi italiani una metodologia di lavoro condivisa affinché i pazienti affetti da diabete possano essere correttamente avvisati del rischio di parodontite così come quelli affetti da malattia parodontale siano adeguatamente messi al corrente del rischio di sviluppare diabete. Questa comunicazione a doppio filo, scientificamente supportata, ha come obiettivo sanitario:

  • portare alla diminuzione delle forme gravi di diabete e parodontite;
  • prevenire l’evoluzione e, se possibile, l’insorgenza delle due patologie.

I medici diabetologi e di base e gli odontoiatri e degli igienisti dentali devono lavorare in simbiosi attraverso una attenta fase diagnostica, preventiva e comunicativa con i pazienti, all’insegna della medicina personalizzata e centrata sul singolo individuo. Questo protocollo vede coinvolti anche i pazienti, che potranno verificare che le categorie mediche coinvolte approfondiscano, come indicato, gli importanti dettagli legati ai fattori di rischio comuni a diabete e parodontite.

Il decalogo di igiene orale domiciliare per il paziente diabetico

In più è stato stilato e reso condivisibile anche un fondamentale decalogo di igiene orale, studiato e formulato per rendere efficienti ed efficaci le manovre domiciliari di spazzolamento dei denti e di attenzione alle strutture del cavo orale coinvolte in fastidiosi sintomi come, per esempio, quello spesso sottovalutato della bocca secca.

Scarica ora il decalogo qualora tu non ne fossi ancora in possesso.

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