Che cos’è l’implantologia ostointegrata?
L’implantologia osteointegrata negli ultimi decenni rivoluzionato l’odontoiatria classica. Grazie alla possibilità di trattare edentulie parziali e totali (ovvero la mancanza di uno, alcuni o tutti i denti) dovute a malattie odontoiatriche, agenesie o traumi attraverso gli impianti dentali.
Il successo degli impianti dentali è dovuto alla relativa semplicità di esecuzione: questo ha portato molti dentisti a preferire la terapia implantare rispetto ad altre terapie odontoiatriche considerate, maggiormente lunghe, complesse e dal risultato meno prevedibile.
Questo successo clinico ha portato sfortunatamente anche a degli eccessi: ci sono stati molti denti estratti in nome della “più sicura” terapia implantare. In particolare è noto che professionisti con minor preparazione in ambito parodontale tendano ad applicare scarsi sforzi nel tentativo di mantenere denti parodontalmente compromessi grazie all’utilizzo dell’odontoiatria conservativa e ad estrarli in favore di terapie alternative.
Che cos’è la perimplantite?
La causa principale che oggi indica il maggior rischio di insuccesso della terapia implantare è la perimplantite. Una patologia infiammatoria che porta alla progressiva perdita dell’osso vicino all’impianto: se non curata può portare anche alla perdita dell’impianto stesso.
Studi scientifici condotti su un test di 1500 persone a cui erano stati applicati in totale oltre 6200 impianti, rivelano la presenza di perimplantite in circa il 19% dei casi. In particolare si è notato che:
- la percentuale scendeva al 14% fra i pazienti che dimostravano attenzione all’igiene orale e ai controlli periodici dal dentista;
- la percentuale saliva al 21% fra i soggetti con pregressa diagnosi di parodontite;
- la percentuale toccava il picco del 37% fra i pazienti fumatori.
Questa variabilità dei risultati dimostra quanto sia importante che il dentista identifichi la presenza di fattori di rischio per il paziente e quanto l’attenzione di quest’ultimo alla prevenzione sia importante per evitare l’insorgenza di questa malattia.
La parodontite come fattore di rischio per la perimplantite
Ricerche scientifiche dimostrano che la composizione della placca batterica associata alla perimplantite è molto simile a quella presente in pazienti ammalati di parodontite. Ciò avvalora ancora di più l’ipotesi che la contaminazione delle superfici implantari con batteri presenti nella bocca di pazienti malati di parodontite possa aumentare il rischio di complicanze nel tempo.
Studi condotti da un’equipe di ricercatori italiani, hanno dimostrato che:
- il rischio di ammalarsi di perimplantite in pazienti senza parodontite e non fumatori è di circa il 12%;
- il rischio sale al 20% in pazienti non parodontali ma fumatori;
- il rischio è al 40% in pazienti precedentemente malati ma guariti dalla parodontite e non fumatori;
- il rischio può raggiungere fino al 75% in pazienti parodontali e fumatori.
È necessario seguire un programma di mantenimento adeguato per ridurre sensibilmente il rischio di perimplantite: questi dati però suggeriscono come questa malattia rimanga un problema particolarmente rilevante per la sopravvivenza a lungo termine delle protesi implantari.
È chiaro, pertanto, come avere una famigliarità con la parodontite sia un significativo fattore di rischio per il successivo sviluppo della perimplantite, e che questi rischi aumentano per la contemporanea presenza di altri fattori di rischio come il fumo.
Importantissimo, pertanto, che la terapia implantare non si limiti all’applicazione di impianti ed alla loro protesizzazione, ma deve estendersi alla terapia di mantenimento professionale per prevenire complicanze biologiche e aumentare il successo nel tempo.
Sopravvivenza di denti e impianti nei pazienti parodontali
Tuttavia è bene sottolineare che è possibile riscontrare occasionalmente delle complicanze biologiche anche durante una terapia di supporto corretta seguita insieme al proprio implantologo.
Nonostante questo rischio di complicanze biologiche e l’effettiva minore sopravvivenza dell’impianto nei pazienti affetti da parodontite, molti odontoiatri ritengono che la terapia implantare sia ugualmente preferibile rispetto alla conservazione di denti malati di parodontite.
Numerosi studi hanno però confutato questa affermazione dimostrando che denti parodontalmente compromessi possono essere mantenuti a lungo con successo senza dover ricorrere ad interventi chirurgici.
Conclusioni
- La parodontite è il più importante fattore di rischio per lo sviluppo successivo della perimplantite ed è ampiamente documentata una maggiore prevalenza delle complicanze biologiche implantari nei soggetti con storia di parodontite;
- una regolare igiene orale dal dentista e a casa può curare quadri patologici iniziali, come la mucosite, ed evitarne la progressione a perimplantite. Inoltre riduce il rischio di perimplantite, ma non lo elimina totalmente;
- diverse terapie per la cura della parodontite sono efficaci nel salvare denti e mantenerli per lungo tempo, evitando (o rimandando nel tempo) l’uso di impianti in pazienti a più alto rischio di complicanze implantari.
Guarda il video per scoprire come prevenire la perimplantite
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